Le tribolazioni di Terry Gilliam, durate venti anni, per la realizzazione di un film sul capolavoro di Miguel de Cervantes “al Don Chisciotte della Mancia”, finalmente prodotto e distribuito nel 2018 con il titolo ”L’uomo che uccise don Chisciotte”.
La personalità del Monty Pithon (https://it.wikipedia.org/wiki/Monty_Python) e le traversie della produzione, hanno prodotto un’opera visionaria, fantasmatica, di assoluta e libera fantasia, che è solo ispirata allo spirito dell’opera letteraria originale, lontana da qualunque trama razionale, un sublime pastiche, dove si mescolano le avventure del vecchio cavaliere alle vicende della produzione, stretta fra le esigenze artistiche di Gilliam e intrighi fin troppo materiali, che intende vendere tutti i diritti a un miliardario russo innamorato della storia del coraggioso cavaliere, e i ricordi del personaggio del regista, contemporaneamente Sancho Panza, per il suo Don Chisciotte girato in bianco e nero come tesi di laurea.
Lo spettatore rinunci ad ogni tentativo di razionalizzare quello che vede e si lasci trasportare da una sarabanda deliziosa fatta di presunte vicende eroiche (ed erotiche), furbissimi popolani, giganti con tanto di clava, cavalieri misteriosi e tutto il repertorio di una favola sublime, compreso l’intervento della Guardia Civil a seguito di uno scambio di persona.
E su tutto e tutti, gli scenari meravigliosi della Mancha spagnola semidesertica, dove sembra naturale incontrare tutti gli arcani di un mondo che non esiste più.
Grandissimo Johnatan Price nei panni di un Don Chisciotte alla ricerca della sua Dulcinea, sino alla fine fedele ai principi della Cavalleria.
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Don Chisciotte(Johnatan Pryce) a Sancho Panza(Adam Driver), il regista:
Come pretendi di leggere questo libro sulla Cavalleria: tu non sai leggere, tutt’al più te lo leggo io e ti mostrerò le figure!
Jerzy Skolimowski, il regista, sceneggiatore e attore polacco, membro della “scuola polacca di cinema” collaboratore di Andrzej Wajda e Roman Polanski, nei panni del regista Jerzy Kunze.
La vicenda ruota attorno alla scomparsa del dipinto “La natività” del Caravaggio da Palermo nel 1969, si suppone ad opera della mafia.
L’intricata vicenda ha come protagonisti:
-Valeria Tramonti (Micaela Ramazzotti), segretaria presso una casa di produzione cinematografica, la quale viene avvicinata da un misterioso personaggio, Alberto Rak (Renato Carpentieri) che le propone un canovaccio di un film che racconta le retroscena della scomparsa del dipinto, sapendo che la donna, in realtà, scrive nell’anonimato soggetti e sceneggiature per il suo amore Alessandro Pes (Alessandro Gassmann), sceneggiatore per la casa di produzione, da anni ormai privo di qualunque creatività per oscuri motivi
-Lo sceneggiatore in crisi Pes
-Lo stesso Rak, che si rivelerà un ispettore in pensione della TUTELA PATRIMONIO ARTISTICO (Comando Carabinieri), il quale sa per certo che il furto del dipinto è opera della mafia
-La madre della donna, Amalia Roberti(Laura Morante), la quale sembra completamente estranea alle attività della figlia e amante del ministro dei Beni Culturali Onofri(Renato Scarpa)
-Il produttore Spatafora(Gaetano Bruno) affiliato alla mafia, il quale si affretta a nominare Valeria segretaria di produzione per poterla meglio controllare, dopo che ha scoperto che è proprio lei l’autrice delle sceneggiature passate a Pes , il quale ordina il pestaggio dello sceneggiatore, riducendolo in coma, poiché quest’ultimo si rifiuta di rivelare quello che aveva saputo sul furto del dipinto e il coinvolgimento della mafia
-Il regista polacco Jerzy Kunze(Jerzy Skolimowski), a cui la produzione affida il film sulla scomparsa della “Natività”
-Palazzo Chigi, dove il governo, in crisi politica, vuole aggiungere al suo medagliere il recupero del dipinto, anche a costo di pagarlo alla mafia!!
Il film verrà realizzato, e, in coda, alla prima si vedono Valeria e Alessandro felici per il successo e gli applausi all’opera. Ma appaiono due semplici spettatori. Un pizzico di mistero non guasta: che tutto il film sia stato solo il racconto di un film?
Il turbine che avvolge i personaggi, al limite del pastiche e tratti esilarante, lascia senza fiato lo spettatore che, naturalmente, dovrebbe vedere il film per lo meno due volte per comprenderne i meccanismi, ma la mano ferma di Andò nella guida degli attori e il suo stupefacente estro per la suspense, oltre alla sua ultima opera “Le confessioni”, confermano il regista come uno dei rappresentanti più qualificati e interessanti della nostra cinematografia.
La scoperta delle grotte di Altamira (Cantabria,Santander,Spagna), capolavori di pitture rupestri, alcune risalenti a 32000 anni fa, del periodo paleolitico superiore(solutreano-magdaleniano) risalenti per la maggior parte a circa 16000-14000 anni fa.
Il film è il racconto di come l’archeologo dilettante Marcelino Sautuola scoprì, nel 1878, le grotte sul proprio terreno, dove era entrata per curiosità la figlioletta di 9 anni, Maria, che aveva dato l’allarme alla vista delle incredibili pitture rupestri. Soprattutto, il film è il resoconto delle vicende che seguirono alla scoperta, vicende che videro Santuola ignorato, beffeggiato fino all’insulto e sospettato di truffa dagli ambienti accademici europei e di eresia dal clero spagnolo, con l’avallo del più grande archeologo accademico di Francia, Emile Cartailhac. Le controversie e i sospetti di contraffazione delle pitture condussero Sautuola ad una morte prematura nel 1889. Solo nel 1902 Emile Cartailhac riconobbe il suo errore e l’importanza delle scoperte di Sautuola.
Convincente il maturo Banderas nei panni di Sautuola e un vero e proprio fenomeno di recitazione la bambina Allegra Allen. Un po’ al di sopra delle righe il grande Rupert Everett, nei panni del dell’ostinato e ossessivo vescovo per il quale le deduzioni di Sautuola erano sospette di eresia.
Inevitabilmente, in un film in cui i temi della delazione e del tradimento svolgono un ruolo centrale, il regista e la critica non potevano sottrarsi al confronto coi recenti avvenimenti. Si è visto in questo film un atto “terapeutico, il desiderio di autogiustificazione”[6], “la schizofrenia” di un autore “diviso tra il suo Hyde passato e il suo Jekyll presente[7], “lo specchio dei pregi e dei difetti di Kazan: …rimorso e aggressività, richiesta di comprensione e spavalderia di ribelle”[8].
E un legame ancora più intimo e soggettivo con l’esperienza personale del regista si può cogliere in alcuni momenti della parte finale del film, quando Terry, dopo la deposizione in tribunale, deve affrontare l’indifferenza e il disprezzo degli amici di prima.
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Un “Cristo fra i muratori” (Edward Dmytryk,1949) sul fronte del porto di New York!
Cinque colonne portanti del cinema americano guidate con mano sicura dal grande Elia Kazan:
Marlon Brando, Lee J. Cobb, Karl Malden, Rod Steiger, Eva Marie Saint
alcuni alla loro prima importante esperienza cinematografica, come Marlon Brando, dopo “Un tram che si chiama desiderio”, e Eva Marie Saint. Una colonna sonora, di Leonard Bernstein, che ha aperto nuovi orizzonti alle musiche da film.
Il volto insanguinato di Terry fece epoca!!!!
La banda di Michael G. Kelly “Johnny Friendly”(Lee J. Cobb) gestisce la vita e il lavoro degli scaricatori di porto di New York. Johnny Friendly stabilisce chi deve e può lavorare e chi deve invece tirare la cinghia perché non ha obbedito agli ordini dell’organizzazione criminale o perché è sospettato di essere una spia dell’ispettorato del lavoro, come il fratello di Edie Doyle (Eva Marie Saint) il quale viene gettato dalla finestra della sua abitazione, senza che tutti gli altri osino fiatare, e, soprattutto, senza denunciare i responsabili all’ispettore Glover(Leif Erickson) che indaga fra mille difficoltà sull’attività della banda.
Terry Malloy(Marlon Brando) è un giovane componente della banda, fratello dell’avvocato Charley Malloy (Rod Steiger) , braccio destro di Johnny. Terry è un ex pugile a cui Johnny ha rovinato la carriera coinvolgendolo nel giro delle scommesse clandestine e viene inconsapevolmente incaricato di attirare il fratello di Edie nella trappola mortale. Terry, innamorato della ragazza, comincia a frequentare padre Barry (Karl Malden), il gagliardo sacerdote che opera fra gli scaricatori, il quale tenta invano da tempo di convincerli a ribellarsi e sporgere denuncia a Glover. Ma Terry non ha il coraggio di farlo per non essere accusato dai suoi stessi amici di essere una spia, finché padre Barry, dopo un’aggressione della banda agli scaricatori riuniti in chiesa, lo convince a testimoniare al processo a Johnny, che reagisce facendo uccidere barbaramente Charley per non essere riuscito a dissuadere Terry dal testimoniare.
Dopo l’ultimo crimine di Johnny, Terry finalmente reagisce. Affronta Johnny il quale con l’aiuto della banda lo pesta a sangue scaricandolo sul pontile. Ma le cose sono cambiate. I suoi compagni e padre Barry lo rianimano e lo incitano a mettersi a capo della rivolta.
Nell’ultima, e famosissima sequenza, il sanguinante Terry, barcollando, si mette a capo di tutti i suoi compagni e, come in una processione, li conduce, tutti, a scaricare l’ultima nave in attesa nel porto, mentre Johnny, pestato a sua volta da Terry, invano tenta di fermarli urlando e minacciandoli: ma invano, la sua attività criminale è finita per sempre!!
Kazan e i suoi attori meravigliosi, tutti rimasti nella più grande Storia del Cinema.
Un film di grande impegno civile il cui enorme successo mondiale contribuì alla rinascita e al riscatto del regista dopo le sue denunce di undici artisti dinanzi alla “Commissione per le attività antiamericane” di McCarthy: aveva ancora molto da dire!!
01AT2GXG 1977 – The Island of Dr. Moreau – Movie Set, DATE TAKEN: 19770713,
La spaventosa avventura di un giovane ufficiale di marina, Andrew Braddock(Michael York), salvatosi da un naufragio su un’isola, apparentemente disabitata, dell’oceano Pacifico, lontana da ogni contatto con il mondo civilizzato. Nella giungla fittissima che ricopre l’isola, viene aggredito da un essere incredibile, un umanoide dalle apparenze umane e dal comportamento di una bestia feroce. Il giovane, fuggendo, cade in una trappola da cui è estratto da un personaggio dall’aspetto di un cacciatore che lo porta in um compound fortificato circondato da una potente barriera di bambù e riceve le prime cure. Il personaggio è Montgomery(uno straordinario Nigel Davenport), burbero avventuriero, guardia armata del padrone dell’isola, il dottor Paul Moreau (Burt Lancaster), un gentiluomo che si qualifica come medico e scienziato e che sulle prime non vuole rivelare nulla delle sue attività sull’isola misteriosa, ma non si dimostra sorpreso dall’aggressione dell’uomo bestia.
Nel compound, Andrew fa la conoscenza con un’affascinante fanciulla, Maria(Barbara Carrera), compagna e amante di Moreau.
Di fronte alle insistenti domande di Andrew finalmente Moreau si apre e confida il perché della sua presenza sull’isola e la natura delle ricerche e degli esperimenti che conduce su animali fatti portare dal continente. Moreau vuole trasformare gli animali in esseri umani per dimostrare il potere della manipolazione genetica e delle tecniche chirurgiche. Dopo l’ostracismo subito in patria, Moreau vuole la sua rivincita su tutti gli scettici ambienti scientifici che lo avevano osteggiato in patria.
E’ ora in grado, servendosi della manipolazione genetica e di orrendi interventi chirurgici nella “casa del dolore”, di trasformare gli animali in esseri “umani”, che, al passare degli anni, sono confinati nella giungla e in una orrenda caverna, dove sono controllati dal più scaltro degli uomini-bestia, “l’enunciatore della Legge”(Richard Basehart), che predica in continuazione le proibizioni (non uccidere, non versare sangue, non camminare su mani e piedi…) a cui debbono attenersi gli uomini-bestia per non essere riportati nella “casa del dolore” degli orrendi esperimenti di Moreau.
Ma Moreau si accorge col tempo che le sue orrende creature stanno lentamente regredendo allo stato animale. Alle prime aggressioni, Andrew, che nel frattempo aveva amato Maria, reagisce uccidendo (forse per pietà) l’uomo-bisonte che aveva osato spargere sangue. Moreau, quasi impazzito, dopo aver ucciso Montgomery che tentava di opporsi, deve mantenere la parola data alla “legge” e porta Andrew nella casa del dolore per fargli subire il processo inverso: trasformarlo in animale.
Ma la convivenza pacifica fra uomo e bestia è definitivamente rotta……..
Considerando Wells e il suo racconto originario, la metafora del fallimento del positivismo ottocentesco è molto chiara. Nessun intervento umano può modificare la natura umana e animale senza provocare cataclismi da cui l’umanità non si riprenderà più dopo il fallimento di qualunque tentativo di ottenere un successo impossibile: quello di dominare la natura!
Il film non ebbe successo, con un Marlon Brando affetto da una clamorosa pinguedine e impegnato in una pesante recitazione di maniera, un “gigionismo” portato alle estreme conseguenze, a tratti insopportabile.
Da wikipedia «Il film non ha avuto successo di pubblico ed è stato stroncato dalla critica […]. Può darsi che il discorso sull’uso della scienza sia infarcito di luoghi comuni; può darsi anche che ci siano troppi effettacci da grand-guignol … ma […] presenta almeno un motivo (indiscutibile) di interesse: l’interpretazione di uno spettacoloso e straripante Marlon Brando.»
STAR WARS: EPISODIO VII – IL RISVEGLIO DELLA FORZA(2015)
Un film di J.J. Abrams. Con Harrison Ford, Carrie Fisher, Mark Hamill, Anthony Daniels, Peter Mayhew, Kenny Baker, John Boyega, Daisy Ridley, Adam Driver, Oscar Isaac, Andy Serkis, Domhnall Gleeson, Max von Sydow, Lupita Nyong’o, Pip Anderson, Crystal Clarke, Christina Chong, Miltos Yerolemou, Greg Grunberg, Warwick Davis, Jessica Henwick, Maisie Richardson-Sellers, Iko Uwais, Yayan Ruhian, Leanne Best, Gwendoline Christie, Titolo originale Star Wars: The Force Awakens, 136 min. – USA
Visto il vorticoso giro di miliardi attorno a questo business della Walt Disney, questo film più che altro è il rendiconto di una media legge finanziaria, detta modernamemte “legge di stabilità”.
35 minuti di serrato advertising preventivo e senza pause, ossessivo a 100 db, tanto per ribadire agli spettatori, facili al fischio e al lazzo di protesta, che stanno partecipando a una convention aziendale di presentazione di un nuovo prodotto, al modico investimento di 11 €, occhialini 3D compresi.
Il film? Un diplomatico no comment, con appena un cenno di simpatia per Harrison Ford ( da’ le piste a tutti i redivivi) e alla bella new entry guerriera, nonché a tutti i ragazzini che si divertivano un mondo nella gremitissima sala-anfiteatro di un cinema romano.
Anzi no. Qualcosa ci sarebbe da dire sulla modestissima e inutile versione 3D, dove nella maggior parte delle scene gli oggetti e i personaggi in primo piano risultano più piccoli di quelli sullo sfondo ( è spiegabilissimo se non ci stai attento) con improvvida violazione delle leggi della prospettiva che impongono il contrario, mentre la rappresentazione 3D stessa sembra rivelare con dovizia di particolari la natura modellistica ( digitale) di astronavi, compreso il vetusto Millennium Falcon, droidi, cannoni spaziali, morti nere planetarie, fortezze imprendibili, veicoli di imponenza e lentezza straordinarie, F16 dei buoni e Sukoi dei cattivi, insomma di tutto ciò che deve apparire solido e straordinariamente sofisticato, oltreché incomprensibile.
Composita e complessa dinamica culturale, che ha caratterizzato il cinema italiano dal dopoguerra (1945-46) sino ai primi anni Cinquanta (1953-1956), il N. è stato, sotto molti aspetti, la prima delle ‘nuove ondate’ che, innovando gli aspetti formali e narrativi del cinema, hanno puntato alla sua modernizzazione, sottraendolo alle formule realizzative, ai modi di produzione, ai canoni spettacolari, alle consuetudini linguistiche tradizionali. A livello internazionale, quando già si era conclusa la forza propulsiva del rinnovamento italiano, fecero seguito, nel corso degli anni Cinquanta, il Free Cinema inglese (1956), il cinema dell’ottobre polacco (1958), la Nouvelle vague francese (1959) e, negli anni Sessanta, l’una dopo l’altra o l’una accanto all’altra, le vagues del cinema argentino, giapponese, tedesco, cecoslovacco, brasiliano (e più in generale latinoamericano), ungherese, africano ecc., sino a quelle che si affacciarono negli anni Settanta, come la cilena, quando un ‘nuovo rinnovamento’ (quello del cinema postmoderno) prese avvio, per affermarsi negli anni Ottanta e oltre, determinato dalla grande mutazione mediologica e dagli scambi intermediologici prodotti dalle nuove tecnologie e dai nuovi canali di diffusione degli strumenti audiovisivi. Data la distanza di tali dinamiche, risulta naturale che le più tardive, quelle degli anni Sessanta, a partire dalla Nouvelle vague francese, abbiano avuto nei confronti delle più precoci ‒ come appunto il N. italiano ‒ un ambiguo rapporto di mimesi e di superamento, di dipendenza e di contrasto, di ammirazione e di avversione………………………….
…..ho incominciato a scrivere delle sceneggiature. Tra le altre, l’adattamento di un racconto di Verga. Dovetti presentare il mio progetto al ministero fascista. Fu rifiutato col pretesto che si trattava di una storia di briganti. (…) Fu allora che ho trovato tra le mie vecchie carte la traduzione dattiloscritta in francese che Renoir mi aveva ceduto, di un romanzo di James Cain, Il postino suona sempre due volte. Credo provenisse da uno scambio tra lui e Duvivier. Ho adattato questa storia coi miei collaboratori d’allora, De Santis, Alicata e Puccini. E questa fu la sceneggiatura di Ossessione” (Cahiers du cinéma, marzo 1959)…………………..
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Poster di “Ossessione”
Ritenuto quasi unanimemente l’iniziatore del filone neorealista del cinema italiano. Alcuni critici si spingono fino ritenere che il primo film neorealista sia stato “Quattro passi fra le nuvole”(Alessandro Blasetti,1942)
Un grande autore, Luchino Visconti e due grandi interpreti, Clara Calamai e Massimo Girotti.
Nasce il Neorealismo italiano.
Bassa Ferrarese, territorio di Codigoro, afa, sulle rive del Po, che scorre lento e maestoso, la trattoria, il distributore e lo spaccio dell’anziano Giuseppe Bragana (Juan de Landa) e della sua giovane moglie, Giovanna Bragana(Clara Calamai). Su un camion che si ferma a fare benzina dorme il giovane vagabondo Gino Costa(Massimo Girotti), che viene fatto scendere a male parole da Giuseppe. Gino entra nel locale e conosce Giovanna intenta a mettersi lo smalto sulle unghie cantando “Fiorin fiorello”. Il colpo di fulmine è istantaneo e i due, approfittando dell’assenza di Giuseppe, finiscono a letto. Dopo l’amore, Giovanna confida a Gino la sua infelicità, costretta a vivere con un anziano che non ama.
E’ l’inizio di un rapporto che condurrà Gino e Giovanna alla loro dissoluzione e al delitto……
Gino e Giovanna concepiscono e attuano il delitto, la simulazione di un incidente stradale, con gioia feroce, ma la polizia ha da subito fondati sospetti di trovarsi in presenza di due assassini e li seguirà dovunque fuggano per rifarsi una vita. Ad Ancona (Gino è di Senigallia) e a Ferrara, dove Gino, persa Giovanna durante la fuga, frequenta una giovane e dolce prostituta, Anita(Dhia Cristiani), subito tallonata dalla polizia.
La catastrofe è in agguato: Giovanna incassa l’assicurazione di Giuseppe e la polizia si convince che Giuseppe è stato ucciso dai due per sole cinquantamila lire.
I due riescono di nuovo a fuggire ma il destino riserverà loro la stessa sorte di Giuseppe.
Per la prima volta il cinema mondiale conosce un linguaggio e uno stile assolutamente nuovo. Visconti è il signore assoluto di un’espressione cinematografica fino ad allora sconosciuta, fatta di campi e controcampi, dissolvenze vertiginose, primi e primissimi piani più eloquenti di qualunque discorso, sensualità prorompente a cui occorre solo un’occhiata: e fotogrammi intrisi di disperazione, e la descrizione di un’umanità meschina che finì sotto la mannaia della censura fascista.